Che cos’è l’allusione? E che ruolo ha l’allusione nelle opere di letteratura? È una parte fondamentale di ciò che molti scrittori fanno, quindi vale la pena definire “allusione” ed esplorare alcune delle questioni che sorgono dal suo uso nei testi letterari. Prima, però, potrebbe essere utile una pratica definizione in una frase: l’allusione è quando uno scrittore chiama in causa il lavoro di un altro scrittore, di solito senza menzionare esplicitamente quell’altro scrittore per nome. Se lo scrittore viene menzionato, diventa un riferimento. Confrontate questi due esempi (inventati):
Come Shakespeare fa dire a Polonio, ‘Ne’ un mutuatario ne’ un prestatore’
Ho avuto una scelta quando sono cresciuto tra diventare una piccola persona che viveva nel battiscopa di qualcuno e diventare un miscelatore di cibo. Ma qualcuno mi consigliò: “Non essere né un mutuatario né un frullatore”
Una battuta terribile, per la quale speriamo ci perdoniate. Ma riassume bene (anche se grossolanamente) la differenza tra citazione (o riferimento) convenzionale e allusione. Nel primo esempio, l’oratore ci dice in modo utile che sta citando Shakespeare (e in particolare, il suo personaggio Polonio, dall’opera Amleto). Ma nel secondo esempio, a noi come lettori (o ascoltatori) viene chiesto di fare un po’ più di lavoro: oltre a conoscere gli immaginari Borrowers dai libri di Mary Norton, ci viene chiesto di riconoscere che Polonio dice “Neither a borrower nor a lender be”, senza che ci venga detto questo. Dobbiamo avere una conoscenza preliminare di quella frase letteraria (e dei Prestatori) perché la battuta (così com’è) funzioni.
Un’allusione, quindi, è spesso implicita e indiretta, piuttosto che essere esplicitata ed ‘etichettata’ per il lettore.
Qui vale la pena distinguere tra il tipo di furto che è un vero e proprio plagio letterario e il tipo di ‘furto’ che costituisce un’allusione letteraria. Allusione significa chiamare in causa qualcosa: la parola è etimologicamente legata alla parola ludica, che significa ‘pertinente al gioco’ (e, quindi, al gioco da tavolo Ludo, che significa semplicemente ‘gioco’ in latino). Così un poeta che allude a un altro scrittore può benissimo citare quello precedente senza riconoscere il suo debito nei suoi confronti. Questo è un esempio di plagio?
T. S. Eliot, la cui opera è piena di allusioni ad altri scrittori, offre una buona opportunità per osservare la distinzione tra allusione e plagio. Nella breve poesia di Eliot “Cousin Nancy”, scritta all’inizio del ventesimo secolo, si conclude con il verso “L’esercito della legge inalterabile”. Questo verso è preso direttamente da un poeta vittoriano precedente, George Meredith (nella foto in basso a destra):
Salendo attraverso zone più ampie che gli pungevano le cicatrici
Con il ricordo della vecchia rivolta da Awe,
arrivò a una media altezza, e alle stelle,
che sono il cervello del cielo, guardò, e affondò.
Intorno all’antica pista marciava, rango su rango,
l’esercito della legge inalterabile.
Quando un lettore si accorse del “furto”, Eliot rispose precisando che il suo uso del verso di Meredith non era plagio, perché intendeva che il lettore riconoscesse il verso come un prestito deliberato (la poesia di Meredith era ancora abbastanza letta all’epoca, a differenza di adesso), e a notare la differenza di contesto tra l’uso originale di Meredith e quello di Eliot, che trasporta il pesante verso di Meredith nel contesto della mensola del camino di un salotto del New England. In altre parole, il plagiatore vuole farla franca con il suo furto e sperare che nessuno si accorga che la sua merce è meno che nuova; il poeta che allude al lavoro di un altro, come fa qui Eliot, vuole essere ‘scoperto’. Ma poiché la natura dell’allusione è che è implicita piuttosto che esplicitata per il lettore, c’è sempre il pericolo o che un lettore non si accorga dell’allusione o (come nel caso del critico di Eliot) che individui il verso citato e pensi che il poeta successivo sia colpevole di plagio.
Per quanto riguarda T. S. Eliot, uno dei poeti più famosi ad impegnarsi in allusioni letterarie, consideriamo l’inizio del suo storico poema del 1922 The Waste Land. Prima ancora di arrivare alla prima riga del poema vero e proprio, abbiamo un titolo (The Waste Land), un’epigrafe (dal satirico romano Petronio), una dedica (‘Per Ezra Pound / Il miglior fabbro’), e il titolo della prima sezione del poema (‘The Burial of the Dead’). Tutte queste componenti testuali del poema di Eliot si impegnano con testi letterari precedenti. Il titolo, come Eliot ha riconosciuto nella sua osservazione prefatoria alle ‘Note’ che ha allegato al poema, è stato suggerito da un libro del 1920 di Jessie Weston, From Ritual to Romance, che discute la leggenda arturiana che coinvolge il Re Pescatore, la cui terra fu distrutta.
Poi abbiamo l’epigrafe al poema di Eliot, dal Satyricon di Petronio: un’epigrafe è una citazione diretta da un’altra opera. Poi abbiamo la dedica di Eliot a Ezra Pound, suo amico e collega poeta modernista, che aveva aiutato a modificare il manoscritto di The Waste Land e a dargli forma. Ma Eliot non si limita a scrivere “Per Ezra Pound”: aggiunge tre parole in italiano, “Il miglior fabbro”, che significano “il miglior artigiano” (un’allusione al ruolo editoriale di Pound nel rendere il poema quello che era). Ma queste parole non sono solo una frase italiana casuale, ma una citazione dalle opere del poeta italiano medievale Dante Alighieri (1265-1321), per il quale Eliot e Pound condividevano una profonda ammirazione. Questa allusione letteraria a Dante serve a intensificare il legame tra Eliot e Pound, e quindi il debito di ringraziamento che Eliot ha nei confronti del suo amico: è un’allusione perché la citazione non è glossata o attribuita a Dante. Eliot conta sul fatto che Pound, così come i suoi lettori più colti, colga il significato personale di queste parole. È l’equivalente letterario del firmare un biglietto d’addio per qualcuno al lavoro, e oltre ad augurargli tutto il meglio, aggiungere un piccolo messaggio che fa riferimento a una popolare “battuta” che voi due avete condiviso. Rende pubblico un ‘linguaggio’ privato condiviso, se vogliamo.
Infine, prima di arrivare al verso di apertura della poesia, abbiamo il titolo della prima sezione: ‘La sepoltura dei morti’. Queste parole alludono al servizio funebre cristiano delineato nel Book of Common Prayer del XVI secolo. Così abbiamo già la leggenda arturiana, la cultura pagana (romana), e la liturgia cristiana evocata, per non parlare di Dante (il cui fantasma infesterà molte delle allusioni in The Waste Land). Niente di tutto questo avrebbe lo stesso significato se Eliot “segnalasse” tutto chiaramente per noi.
Parte del significato dell’allusione letteraria, quindi, è il divertimento di lasciare certe cose implicite, e affidarsi al lettore per scoprire e apprezzare la loro rilevanza e significato. L’allusione è diversa sia dal plagio (dove il colpevole non vuole che il suo prestito sia scoperto) che dalla citazione esplicita (dove lo scrittore nomina e cita l’autore citato). Parte del ruolo dell’allusione letteraria è di permettere al lettore di accedere a un quadro culturale di riferimento condiviso, come se il legame tra il nuovo testo e quello più vecchio non avesse bisogno di essere dichiarato apertamente. Vale la pena ricordare che alludere è letteralmente chiamare in gioco – parte del divertimento dell’allusione letteraria è il gioco di parole e frasi, mettendole in nuovi contesti, e contando su un lettore perspicace per divinare il loro significato.