La leggenda arturiana

La leggenda di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda

La leggenda di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda è la più potente e duratura del mondo occidentale. Re Artù, Ginevra e Sir Lancillotto non sono realmente esistiti, ma i loro nomi evocano un’immagine romantica di cavalieri galanti in armature scintillanti, eleganti dame in castelli medievali, eroiche ricerche del Santo Graal in un mondo di onore e romanticismo, e la corte di Camelot al centro di una Bretagna reale e mistica.

La leggenda arturiana esiste da più di mille anni ed è altrettanto avvincente oggi quanto lo era nei lontani giorni dei suoi primi creatori – Geoffrey di Monmouth, Robert de Boron, Chrétien de Troyes, e più maestosamente: Sir Thomas Malory nella sua opera epica, Le Morte d’Arthur. Innumerevoli scrittori, poeti e artisti (per non parlare dei registi e ora dei webmaster) sono stati ispirati dalla vita e dai tempi di Re Artù.

Un sito web completo sulla Leggenda Arturiana

– Per contestualizzare la Morte d’Artù, troverete qui anche un eccellente riassunto de Le Morte d’Artù di Sir Thomas Malory, una storia che è a sua volta inserita nel contesto della Leggenda Arturiana con alcune informazioni generali sulla leggenda di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda.

– Leggete analisi attentamente studiate e accurate dal punto di vista dei fatti del principale autore della leggenda arturiana Sir Thomas Malory e di importanti personaggi della leggenda arturiana come Sir Lancillotto, la regina Ginevra e Morgan Le Fay.

La leggenda di Re Artù – fatto o finzione?

Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda non sono mai esistiti nella vita reale. Sono puramente figure di leggenda. Potrebbe essere esistito qualcuno chiamato Arturus (o Riothamus) nel lontano passato della Gran Bretagna, ma se c’era, era probabilmente un leader romano-britannico o un generale militare che conduceva una campagna contro le orde sassoni predoni nel V secolo d.C. In quel periodo storico, tuttavia, non esistevano i cavalieri in armatura – i cavalieri non usavano nemmeno le staffe fino a molto più tardi, quindi non potevano aver indossato e combattuto in armatura. Ci sono diverse teorie sull’ubicazione della corte “originale” di Camelot, e sebbene la ricerca continui, queste sono irrilevanti: Re Artù e i suoi cavalieri saranno sempre figure di fantasia, e la leggenda arturiana dovrebbe essere apprezzata per quello che è: un grande e unico corpo di meravigliosa letteratura europea delle origini.

Arthur fu identificato per la prima volta come un alto re fittizio del passato della Gran Bretagna da un monaco di origine gallese, Geoffrey di Monmouth, che scrisse la ‘Historia Regum Brittaniae’ – “La storia dei re di Gran Bretagna” – all’inizio del XII secolo. In un capolavoro di prosa medievale definì – in latino – la prima versione coerente della leggenda arturiana. Egli fornisce un convincente contesto storico e dettaglia le origini di re Artù e le gesta eroiche dei suoi cavalieri, ma le antiche fonti di Geoffrey non sono mai state trovate. Ciononostante, la ‘Historia’ fu un’importante influenza culturale sulla società medievale e Geoffrey of Monmouth diede alla coscienza britannica un re eroico per rivaleggiare con Carlo Magno, re dei Franchi. Ha anche dato al mondo un racconto straordinario ed evocativo che ha catturato l’immaginazione delle menti creative attraverso le generazioni.

Le origini di Re Artù | Cavalieri della Tavola Rotonda | Il Sangreal | Sir Lancelot (Sir Launcelot) ]

Sir Thomas Malory e Le Morte d’Arthur

Una di queste menti creative fu Sir Thomas Malory. La sua storia di Le Morte d’Arthur, completata durante il nono anno del regno del re inglese Edoardo IV (dal 4 marzo 1469 al 3 marzo 1470), è l’epica arturiana definitiva e completa e la fonte di gran parte della leggenda arturiana come la conosciamo oggi. Le Morte d’Arthur è conosciuta principalmente da due fonti: una versione stampata e prefata dal “padre della stampa britannica”, William Caxton nel 1485, e un manoscritto scoperto al Winchester College nel 1934 e curato da Eugène Vinaver nel 1947.

Anche se Le Morte d’Arthur di Thomas Malory non è la leggenda arturiana originale – iniziata oltre 300 anni prima da Geoffrey of Monmouth – è diventata nota come la versione autorevole. Malory è stato lo scrittore che ha veramente riunito tutte le diverse storie arturiane e i relativi miti celtici in una narrazione più o meno coerente, anche se non sempre si incastrano bene: sono un guazzabuglio a volte contraddittorio e non correlato di eventi che si verificano in un lungo arco di tempo.

Negli anni precedenti la pubblicazione de Le Morte d’Arthur, Caxton divise il testo di Malory in ventuno libri, anche se la versione manoscritta rende chiaro che Malory originariamente scrisse la sua opera in soli otto libri, o ‘racconti’. La pubblicazione di Caxton de Le Morte d’Arthur in ventuno libri contiene un totale di 507 capitoli e oltre 300.000 parole (scritte in Middle-English – oggi disponibili in inglese moderno).

Gli otto libri de Le Morte d’Arthur di Malory

1. The Tale of King Arthur

2. The Tale of the Noble King Arthur and the Emperor Lucius

3. The Noble Tale of Sir Launcelot du Lake

4. The Tale of Sir Gareth of Orkney

5. Il libro di Sir Tristram de Lyones

6. La ricerca del Santo Graal (Sangreal)

7. Il libro di Sir Launcelot e la regina Ginevra

8. Il Racconto della Morte di Re Artù

Altra importante letteratura della leggenda arturiana

– ‘Erec et Enide’, ‘Cliges’, ‘Le Chevalier de la Charrette’, ‘Le Chevalier au Lion (Yvain)’, e ‘Le Conte del Graal (Perceval)’, iniziata dal poeta francese Chrétien de Troyes e continuata da altri in una grande collezione di versi, dal 1180 circa al 1240.

– La trilogia del poeta francese Robert de Boron di ‘Giuseppe d’Arimatea’, ‘Merlino’ e ‘Didot-Perceval’, 1200 circa.

– ‘Parzival’ scritto dal poeta tedesco Wolfram von Eschenbach tra il 1205 e il 1215.

– Il Ciclo della Vulgata: ‘Estoire del Saint Graal’, ‘Merlin’, ‘Lancelot Propre’, ‘La Queste del Saint Graal’, e ‘La Mort (de Roi) Artu’, che si crede sia stato compilato da monaci cistercensi tra il 1215 e il 1235 e che segna la transizione tra le versioni in versi e in prosa della leggenda arturiana.