Descrizione dell’oggetto
Per il Capodanno del 1840 – poco più di un anno dopo che William Henry Fox Talbot aveva esposto per la prima volta i suoi disegni fotogenici a Londra e appena quattro o cinque mesi dopo che i primi dagherrotipi erano stati esposti a Parigi al Palais d’Orsay insieme a una serie di dimostrazioni pubbliche del processo – il manuale di istruzioni di Daguerre era stato tradotto in almeno quattro lingue e stampato in almeno ventuno edizioni. In questo modo, la sua formula segreta ben custodita e la sua lista di materiali si diffusero rapidamente nelle Americhe e nelle località di provincia di tutta Europa. La fotografia divenne un fenomeno simile alla corsa all’oro, con tanto di finzione quanto di fatto.
In nessun luogo il dagherrotipo fu accettato con più entusiasmo che negli Stati Uniti. Charles R. Meade era il proprietario di un importante studio di ritratti fotografici di New York. Fece un pellegrinaggio in Francia nel 1848 per incontrare il fondatore della sua professione e mentre si trovava lì divenne una delle pochissime persone ad utilizzare il processo del dagherrotipo per fotografare l’inventore stesso.
Un dagherrotipo era (ed è) creato rivestendo una lastra di rame argentato molto lucido con sostanze chimiche sensibili alla luce come il cloruro di iodio. La lastra viene poi esposta alla luce nel retro di una camera oscura. Quando viene rimossa per la prima volta dalla macchina fotografica, l’immagine non è immediatamente visibile. La lastra deve essere esposta ai vapori di mercurio per “far emergere” l’immagine. L’immagine viene poi “fissata” (o “resa permanente sulla lastra”) lavandola in un bagno di iposolfito di soda. Infine viene lavata in acqua distillata. Ogni dagherrotipo è un’immagine unica; non si possono fare più stampe dalla lastra di metallo. (Guarda un video sul processo della dagherrotipia.)